mercoledì 21 novembre 2012

Linee guida per l’intervento nella psicologia dell’emergenza



A cura della Dott.ssa Alessandra Cescut

Nel nuovo numero del notiziario dell'Ordine degli Psicologi del Lazio, c'è un interessante articolo che riporta i principi e le linee guida nell'ambito della psicologia dell'emergenza.


La psicologia dell’emergenza è un ambito della psicologia moderna che nasce come risultante dell’apporto di numerosi settori di ricerca (psicologia di comunità, psicologia sociale, sociologia, psichiatria). Si configura quindi come un “approccio eclettico”, una gestalt risultante dalla somma di più parti. […]la situazione di emergenza può essere definita come:”un evento che minaccia o effettivamente rischia di danneggiare persone o cose” (Notiziario dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, 2012, pag. 98). Tale definizione ha il pregio di includere anche le persone che non hanno vissuto direttamente il trauma ma che indirettamente ne percepiscono la minaccia.

Il fine ultimo dell’intervento psicologico nella psicologia dell’emergenza è quello di favorire la conservazione o il ripristino dell’equilibrio psichico delle persone colpite ed abbassare il rischio che si sviluppino e stabilizzino forme di disagio che includono, ma non solo, il Disturbo Post Traumatico da Stress, favorendo quindi la resilienza (Notiziario dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, 2012, pag. 99).
Sono quindi oggetto di studio e di intervento della psicologia dell’emergenza, sia il singolo individuo che la comunità colpita dall'evento traumatico, con il fine di aiutare a prevenire o superare quei fenomeni psichici che si determinano a seguito di un evento traumatico.
La psicologia dell’emergenza viene ufficializzata in Italia con il D.M. 13/02/2001 con l’adozione dei “Criteri di massima per l’organizzazione dei soccorsi sanitari nelle catastrofi” che stabiliscono la necessità di offrire il supporto psicologico a poche ore dall'evento catastrofico.
I protocolli di intervento della psicologia dell’emergenza sono significativamente differenti da quelli offerti nella pratica quotidiana dagli psicologi clinici che sono abituati a colloqui di circa 50 minuti seduti comodamente sul divano dello studio. L’intervento di crisi, al contrario, deve avere determinate caratteristiche:
  • Prossimità: deve avvenire il più vicino possibile al sito dove è avvenuto l’evento;
  • Immediatezza: deve avvenire il più presto possibile;
  • Aspettativa: deve basarsi sulle risorse di recupero delle vittime;
  • Semplicità: deve basarsi il più possibile su attività di intervento pratiche.
 

La scansione in fasi

Nella psicologia dell’emergenza gli interventi devono essere adattati alla fase del disastro:
 Fase I. Stabilizzazione (24-48 ore)
a)      valutazione del funzionamento e dei bisogni (triage)
b)      orientamento dello stress da evento critico (formazione/informazione)
c)      decompressione
d)      defusing
e)      intervento sulla crisi individuale
f)        invio alle risorse della comunità
In questa fase la valutazione dei bisogni di sopravvivenza, sicurezza e protezione sono la priorità assoluta (Napoli, 2003), per tale motivo è necessario identificare velocemente i soggetti che necessitano di supporto psicologico immediato. È di fondamentale importanza ripristinare il prima possibile i rapporti con i familiari o gli altri membri della comunità poiché l’isolamento, in questa prima fase, è estremamente dannoso. La coesione di gruppo può aiutare a favorire la regolazione emotiva naturale e ad attivare i meccanismi di coping. È inoltre importante non forzare l’espressione delle emozioni che in questa prima fase potrebbero essere state dimenticate tramite un meccanismo naturale l’amnesia protettiva.
Fase II. Identificazione delle abilità di coping e delle risorse (24 ore – 12 settimane)
a)      valutazione finalizzata a determinare gli interventi appropriati
b)      debriefing dello stress da evento critico
c)      intervento/stabilizzazione individuale
d)      servizi familiari
e)      incontri di formazione/informazione
f)        EMDR/CBT
g)      invio alle risorse della comunità
Anche in questa fase è necessario non forzare l’espressione delle emozioni. Si interviene a livello individuale  con le persone che manifestano sintomi clinicamente significativi  per stabilizzarne la situazione psicologica. In questa fase è possibile anche fare degli invii maggiormente accurati alle strutture territoriali.
Fase III. Promuovere recupero e risoluzione (2-52 settimane). Sostegno del recupero (2-52 settimane).
a)      Assessment continuativo delle popolazioni a rischio
b)      Assessment continuativo di servizi ed interventi
c)      Follow-up degli invii effettuati
d)      Follow-up dei debriefing e degli incontri informativi
e)      Seminari post-evento critico
f)        invio alle risorse della comunità
(Notiziario dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, 2012, pag. 108)
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